sabato 24 ottobre 2015

Sutter candidata per Ravenna in Comune

«Esperimento di nuova rappresentanza»


Dopo settimane di lavoro, sta per essere eletto il candidato sindaco del nuovo soggetto politico, Ravenna in Comune, cui stanno dando vita nume- rosi partiti di sinistra e singoli cittadini. E il nome, come anticipato, sarà quello di Raffaella Sutter, la quale presenterà la propria candidatura e, salvo clamo- rose soprese, sarà eletta dall’assemblea del 29 ottobre (si parla di una possibile e non confermata candidatura di ban- diera di Iuri Farabegoli per Rifondazione comunista). Sutter, sessant’anni, in pensione da due, da dirigente comunale si è occupata, tra le altre cose, di immigrazione, giovani, welfare. La sua è unanimemente considerata una candidatura di alto profilo dato il curriculum (i grillini addirittura la sognavano in una propria giunta), che sta peraltro preoccupando qualcuno in casa dem, e che è arrivata con la sorpresa di molti

Sutter, ha lasciato il Comune da dirigente per tentare di tornarci in un ruolo politico, perché?                      Continua a leggere ...............................


lunedì 17 agosto 2015

A sostegno del Guatemala con Pablo Ignacio Ceto Sanchez

Di: Pippo Tadolini



Care compagne e cari compagni,

mi faccio portavoce di un accorato appello che mi invia dal Guatemala il compagno Pablo Ceto, mio amico personale e Segretario per le Relazioni Internazionali del partito URNG-MAIZ (Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca-Movimiento Amplio de la Izquierda, una sorta di Syriza guatemalteca), che sta affrontando una difficilissima campagna elettorale in vista del 6 settembre. In tale data, il popolo guatemalteco sarà chiamato ad eleggere il nuovo Presidente e il Vicepresidente, nonchè il Parlamento Nazionale, i propri rappresentanti al Parlamento Centroamericano, i Sindaci e i Consigli Comunali.

La situazione sociale ed economica in Guatemala è drammatica, con un tasso di povertà sempre crescente e un drammatico livello di diseguaglianze. Dal punto di vista politico, la Presidenza uscente, quella di Otto Perez Molina (ex militare, con un passato assai torbido di partecipazione diretta alle atrocità della sanguinosissima guerra civile, durata quasi quarant'anni e conclusasi con gli accordi di pace nel 1996) lascia drammatiche sequele in tema di violazione dei diritti civili, di corruzione, di esclusione sociale e di repressione poliziesca.

Numerosi movimenti, in questi anni, si sono sviluppati in Guatemala, soprattutto per iniziativa delle comunità indigene per il diritto alla terra e la difesa dell'ambiente. Memorabili e tutt'ora in atto, le resistenze contro l'implacabile sfruttamento minerario, nella quale figura di spicco è Mons. Alvaro Ramazzini, Vescovo di Huehuetenango, e quella contro la costruzione di centrali idroelettriche, in cui anche l'Italia è coinvolta, essendo l' ENEL la principale protagonista dei progetti e delle realizzazioni.

La sinistra, in Guatemala, è debole, e non è ancora riuscita ad esprimere una rappresentanza  adeguata di tali movimenti. La crescente repressione e le difficoltà logistiche ed economiche rendono drammaticamente ristretti gli spazi di agibilità politica e la possibilità di portare avanti le iniziative di lotta e di campagna elettorale.

La URNG-MAIZ, erede diretta del movimento di liberazione, in alleanza (Frente Amplio) con il partito indigeno WINAQ (quello del premio Nobel Rigoberta Menchu) si presenta a queste elezioni con l'obiettivo non solo di confermare,ma anche di ampliare la  (per ora) sparuta rappresenza in parlamento e nelle assemblee elettive, e con la speranza che un relativo successo elettorale possa aprire nuovi spazi di agibilità politica democratica e delineare nuovi orizzonti, più favorevoli alle aspettative delle comunità indigene, dei contadini poveri e dei movimenti sociali.

Il candidato alla Presidenza per il Frente Amplio è Miguel Angel Sandoval, sociologo e giornalista, storico dirigente della lotta di liberazione e fra i principali negoziatori al tempo degli accordi di pace. Il candidato alla Vicepresidenza è invece Mario Ellington, avvocato e docente universitario, rappresentante del popolo Garifuna, una delle numerose etnie che compongono il mosaico delle culture guatemalteche. Molte comunità indigene e associazioni contadine esprimono loro candidati nelle liste del Frente Amplio.

L' appello che Pablo Ceto rivolge a tutte e tutti noi ("las amigas y los amigos solidarios" chi chiama nella sua lettera) è di cercare di far uscire dal silenzio internazionale la situazione del Guatemala e di questa scadenza elettorale, ed anche di organizzare per quanto possibile un aiuto economico a questa campagna elettorale, combattuta in condizione ai limiti della sopravvivenza, non solo politica.
L'invito, pertanto è di divulgare al massimo queste notizie, con tutti i mezzi di cui riusciamo a disporre, e di inviare aiuti in denaro, anche minimi (Pablo e i compagni dell' URNG sanno bene che la sinistra in Italia naviga in acque poco buone) per far si che queste ultime settimane di campagna elettorale possano vedere un crescendo di iniziative e di visibilità della sinistra.

"Abbiamo combattuto per tanti anni sulle montagne, abbiamo perduto tanti compagni. Non è possibile che tutto finisca nel nulla" commenta Pablo .

In questo mondo globalizzato dobbiamo riscoprire l'internazionalismo. Credo che, così come abbiamo cercato di aiutare il processo di rinnovamenteo del popolo greco, anche questa esperienza e questa lotta debbano trovare il nostro appoggio.

Chi desidera partecipare con un aiuto economico, può farlo inviando, tramite Western Union (ricordatevi di usare la formula "next day", altrimenti spendete troppo di commissione) direttamente a: PABLO IGNACIO CETO SANCHEZ (e inviando poi una e-mail a   pabloceto@gmail.com    in cui  gli comunicherete il numero di codice del vostro versamento,  indispensabile per ritirare il denaro negli uffici Western Union).

Auguri a Pablo , al Frente Amplio ed al popolo guatemalteco.

lunedì 3 agosto 2015

Le motivazioni che hanno spinto la Fds ad abbandonare la maggioranza in comune di Ravenna. di Diego Rubboli

Riceviamo e pubblichiamo il documento di Diego Rubboli, consigliere della Federazione della Sinistra, sull'uscita della maggioranza in comune a Ravenna.


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Posso tentare una ricostruzione personale dell'esperienza di consigliere comunale in questa legislatura. E' iniziata con la sottoscrizione da parte della Federazione della Sinistra (PRC e PDCI) del programma di centro-sinistra insieme a PD, SEL, PRI, PSI e IDV, pur con una nota a parte in cui si affermava la contrarietà della FDS al finanziamento, a qualunque titolo, delle scuole private ed inoltre si proponeva di avviare entro fine legislatura un'esperienza di gestione diretta di un qualsiasi servizio alla persona in modo da poter avere un termine di paragone nei confronti delle gestioni tutte affidate alle coop sociali di fatto monopolizzate da interessi di parte, non certo di sinistra. Ebbene di quest'ultimo argomento si può dire solo che il sindaco ed il PD, nel migliore dei casi, se lo sono dimenticati e data la medesima fine che hanno fatto tutte le altre nostre istanze, devo dire che non vale neppure la pena di ricordarglielo. Il programma non era nemmeno malvagio essendo un insieme di buoni propositi e di obiettivi senz'altro condivisibili, come ad esempio quello di puntare alla raccolta dei rifiuti col sistema porta a porta, caduto anch'esso nel dimenticatoio anche se si prevede un sistema misto a partire dal 2017 (con altro sindaco ed altro consiglio comunale). Inizialmente la composizione del CC era la seguente: PD 15, PRI 1, FDS 1, IDV 1, SEL 1, FI 5, LISTA RA 3, 5S 3, LEGA 2 per un tot di 32 . Quindi la maggioranza essendo di 17 su 32 richiedeva necessariamente il voto del PD e di almeno due voti degli alleati, oppure almeno uno degli alleati più il voto del sindaco (vale come 33esimo). Tutto ciò ha indotto il PD ad un comportamento ottimale con gli alleati, proponendo loro riunioni di maggioranza quasi settimanali per esaminare i singoli provvedimenti. L'unico escluso è stato il PSI che non avendo eletto alcun consigliere è stato di fatto escluso nonostante il mio interessamento presso il sindaco. Intanto il PD aveva presentato un ricorso perchè la normativa afferma che in base ai risultati elettorali la maggioranza ha diritto al 60% dei seggi da consigliere, e siccome il 60% di 32 fa 19,2 e la commissione elettorale di Ravenna ne aveva assegnato solo 19, mancava uno 0,2 che invece era stato aggiunto alla minoranza che da 12,8 passava a 13 consiglieri. In pratica il PD rivendicava un seggio che era stato assegnato a FI. Il ricorso è stato vinto per cui il PD è salito a 16 consiglieri che, con il 17esimo voto del sindaco, ha reso superfluo il voto degli alleati per avere la maggioranza. Ciò ha portato ad una progressiva autosufficienza del PD  e ad una emarginazione dei consiglieri dei partiti alleati più critici, col risultato di sempre minor numero di riunioni collettive (salvo qualche lodevole caso ) e sempre più abboccamenti personali. Per cui è iniziata una deriva che ha condotto a provvedimenti, a mio avviso, sempre più incongrui con gli obiettivi di programma, come è ben rimarcato nel nostro comunicato stampa di uscita dalla maggioranza a cui si può aggiungere il voto contrario al Piano Generale del Traffico Urbano, al Parcheggio sopraelevato di via Guidarello (un favore alla Curia ed un orrore in zona di pregio architettonico), a diverse  varianti urbanistiche ed alcuni odg , al POC dell'Arenile, ai Bilanci 2014 e 2015 della Holding (stabiliscono la vendita di azioni Hera),  ed inoltre il voto di astensione al Bilancio Consuntivo 2014  e al Bilancio Previsionale 2015, un voto più che altro contingente ed interlocutorio per evitare di attribuire alla sola persona dell'assessore Morigi responsabilità non sue. Anzi lei stessa ha evitato di portare in Consiglio Comunale, delegando il sindaco, la delibera di variazione dello statuto di Hera ( aumento di valore di vecchie azioni per poterne vendere una parte senza perdere la maggioranza di Hera da parte dei comuni ) perchè in disaccordo con la giunta, con esito di voto contrario mio e di SEL. C'è da aggiungere che ci era stato riconosciuto un posto importante nel cda della Holding che poi è stato perduto col passaggio del diretto interessato al PD così come era successo ad un nostro assessore provinciale nella legislatura precedente. Tutto ciò senza alcun provvedimento alternativo, senza un segnale di rinnovata fiducia  che ci gratificasse in qualche modo con un'importante  coinvolgimento e assegnazione di responsabilità nella comune amministrazione. Inoltre una nostra proposta disinteressata a favore di una società che aveva intenzione di investire in un importante complesso di tipo socio-sanitario sia di tipo RSA sia per malati cronici e/o terminali, un'occasione forse unica di sviluppo economico del settore a beneficio dell'intera comunità, è stata cassata pretestuosamente dal Servizio Urbanistico evidentemente a difesa di altrui interessi e troppo politicizzato per poter permettere all'assessore competente una autonomia decisionale, un segnale emblematico sulla gestione del potere reale nel nostro comune. Sulla sanità vorrei sottolineare i miei interventi critici di fronte ai vari Direttori Generali prima della AUSL di Ravenna (Carradori e Des Dorides) poi dinanzi ai DG dell'AUSL Unica di Romagna (Des Dorides e Tonini), in un consesso comunale di pochi interventi compiacenti, senza distinzione fra maggioranza ed opposizione, con la parziale eccezione del consigliere Foschini (NCD). In sostanza ce n'è abbastanza per smentire categoricamente le affermazioni del PD e del sindaco quando giustificano la nostra uscita solo con motivazioni nazionali che pure esistono e sono di una gravità eccezionale, basti ricordare lo strappo alla Costituzione con la legge Fornero ed il blocco del contratto dei dipendenti pubblici. Azioni definite anticostituzionali dalla Consulta ma che hanno consentito ai governi sostenuti o diretti dal PD di tagliare miliardi di spesa,  volutamente ai danni dei cittadini interessati, senza che gli stessi possano ora essere risarciti se non in minima parte. Queste sono azioni che definirei di politica priva di ogni scrupolo di coscienza, degna della peggior destra conservatrice a difesa dei privilegi di parte, e nonostante ciò il debito pubblico continua a crescere nell'indifferenza colpevole di questa classe politica completamente squalificata. Infine, quando il segretario provinciale del PD, De Pascale, afferma che occorre "dire parole nuove su sviluppo sostenibile, salute, ambiente e sopratutto integrazione. Dobbiamo reinventare politiche pubbliche per incentivare la crescita e l'occupazione e trovare nuove soluzioni per la tutela e la gestione dei beni comuni" , mi sembra una perfetta ammissione del sostanziale fallimento di questa amministrazione, alla faccia della voluta e tendenziosa dichiarazione che la nostra uscita dalla maggioranza sia stata pretestuosa e priva di motivazioni locali.

sabato 25 luglio 2015

Il centrosinistra è morto anche a Ravenna !!


FINE DEL CENTROSINISTRA. Mercoledì scorso la Federazione della Sinistra e Sinistra Ecologia e Libertà sono usciti dalla maggioranza che amministra il Comune di Ravenna e sono passati all’opposizione. Questo significa che anche a Ravenna, visto l’abbandono da parte del PD della rappresentanza di quanto appartenente ai valori della sinistra, ci si trova di fronte ad un governo di centro. Si tratta di un ritorno a quelle amministrazioni congiunte di democristiani e repubblicani che Ravenna non aveva più conosciuto dalla fine degli anni “60 del secolo scorso. Il passaggio non è indolore perché segna la fine di un’epoca. Bisogna continuare il lavoro già iniziato perché da questa fine si abbia un nuovo inizio di segno totalmente opposto.

IN ALTERNATIVA AL PD. Le caratteristiche del progetto dell’Altra Europa e dell’Altra Emilia Romagna ci pongono naturalmente in alternativa al PD, alle sue politiche e al sistema di interscambio tra politica ed economia che quel partito ha costruito nei lunghi anni in cui i suoi uomini hanno saldamente occupato i centri decisionali del nostro territorio. Abbiamo dato prova di coerenza nel collocarci come sinistra di opposizione sia alle elezioni europee che alle elezioni regionali dello scorso anno. Ai primi di maggio abbiamo inaugurato un percorso per collocarci con altrettanta coerenza all’interno della compagine che intende proporsi alla guida del Comune di Ravenna per traguardare la città nella terra incognita del dopo-PD. L’esperienza delle recenti elezioni faentine hanno rivelato l’intrinseca debolezza della ditta PD quando l’assenza di alleanze con le forze di sinistra svelano la sua piena e autentica natura democristiana.

LISTA DI CITTADINANZA. Non pensiamo di essere autosufficienti per portare avanti il progetto, né ci illudiamo che possa esserlo una semplice sommatoria di forze politiche. Si tratta in entrambi i casi di modelli fallimentari da cui tenersi lontani. Cerchiamo piuttosto di aggregare gruppi, associazioni e singoli cittadini oltre ai singoli aderenti a quelle forze politiche con cui già abbiamo iniziato a sperimentare questa nuova avventura nel 2014 in occasione delle elezioni europee e regionali ed ora dopo l’incontro del 9 maggio scorso. 

PRIMA LE PERSONE! Vogliamo far diventare realtà un progetto partecipato che destini tutte le risorse disponibili ai bisogni delle persone e quindi costruire un programma di segno radicalmente opposto da quello del PD e delle restanti forze di destra e centrodestra. Vogliamo poi che dopo le elezioni i nostri programmi diventino azioni e che la partecipazione si converta in collaborazione con la nuova Amministrazione e in controllo affinché i nostri propositi non restino solo aspirazioni. 

Il nostro tempo è ora!

mercoledì 22 luglio 2015

Dopo il sabato fascista ci e' toccato subire anche la colonia fascista !!



A pochi mesi di distanza dalla celebrazione del sabato fascista in Piazza del Popolo a Ravenna, ci tocca assistere alla ricostituzione delle colonie per la gioventù fascista a Lido di Dante.
Senza che né il Prefetto, il Questore, il Sindaco o il Presidente della Provincia si siano sentiti in dovere di dire qualcosa in difesa dei valori costituzionali che dovrebbero tutelare, l’appena trascorso fine settimana ha riportato sul territorio ravennate un nuovo raduno della formazione neofascista. 

Come è possibile continuare a far finta di niente da parte dei rappresentanti delle istituzioni repubblicane mentre alcuni giovani fanno uso di termini e simboli per richiamarsi deliberatamente a quel partito fascista di cui la costituzione vieta la riorganizzazione? (XII disposizione finale)? Come può continuare a essere completamente ignorata da chi dovrebbe farla rispettare la Legge 20 giugno 1952, n. 645 con la quale si è data attuazione alla disposizione costituzionale? E la Legge 25 giugno 1993, n.205 di conversione del Decreto Mancino che la rafforza perseguendo le discriminazioni razziali, etniche e religiose? Perché deve essere solo la neonata consulta antifascista, cui come Comitato Provinciale abbiamo dato adesione, a farsi carico di esprimere l’inaccettabilità di una normalizzazione della presenza fascista a Ravenna?

Ci uniamo alla richiesta dei tre parlamentari, Maestri, Pagani e Paglia, affinché sia impedito il ripetersi delle commemorazioni fasciste nel cimitero di Ravenna in occasione dell’anniversario della morte del gerarca Muti.

I recenti avvenimenti di Treviso e Roma sono stati rievocati senza vergogna dai partecipanti alla colonia fascista di Lido di Dante: http://www.ravennawebtv.it/w/desideria-raggial-campo-di-forza-nuova-a-lido-di-dante-si-parla-del-futuro-dellitalia/

Rivendichiamo il diritto costituzionale alla protesta, civile, democratica, nonviolenta contro l’attacco ai valori costituzionali e, in particolare, all’articolo 10 della Costituzione (“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”). 

Vergogna al Sindaco e al Presidente della Provincia, rappresentanti eletti della Ravenna medaglia d’oro alla Resistenza, che continuano a voltarsi dall’altra parte!

L'Aer Ravenna aderisce all'appello in vista della prossima decisione sulla gestione del ciclo dei rifiuti




Il Comitato Ravennate de L’Altra Emilia Romagna aderisce convintamente all’appello lanciato dalle organizzazioni ambientaliste ai Sindaci e agli Amministratori, ma anche a tutte le organizzazioni sociali, sindacali, alle forze politiche e a tutti i cittadini in vista della prossima decisione sulla gestione del ciclo rifiuti: 



Siamo anche noi convinti che l’unico sistema che permette di raggiungere gli obiettivi di legge e di piano, sia la raccolta porta a porta con tariffa puntuale, e che i comuni che hanno adottato tale sistema hanno già un costo ad abitante inferiore a quei comuni che continuano con la raccolta stradale. 

Noi sosteniamo questi orientamenti e ci uniamo a tutte le associazioni, comitati, organizzazioni sociali e politiche, che li condividono, nel chiedere agli Amministratori locali della nostra provincia, di ascoltarci prima di giungere ad una decisione, finalizzata ad una gara europea che bloccherebbe per 15 anni il sistema di servizio svolto.

lunedì 6 luglio 2015

Oxi !! Hanno vinto le persone !!

Di: L'Altra Europa con Tsipras - Ravenna
      L'Altra Emilia Romagna - Ravenna



Il comitato ravennate de L’Altra Emilia Romagna/L’Altra Europa con Tsipras ringrazia tutte le persone, le associazioni e le forze politiche che hanno sostenuto la libertà di determinarsi democraticamente della popolazione greca. Siamo stati felici di ritrovarci da ultimo venerdì scorso in una bella e numerosa Piazza Andrea Costa con quanti continuano a riconoscersi in una sinistra di contenuti e non di parole. Siamo stati ancora più felici, ieri sera, di partecipare tutti assieme, greci e italiani, all’iniziativa promossa dal circolo ARCI Dock61 e festeggiare la netta vittoria della dignità di un popolo che ha saputo dire di NO alla speculazione finanziaria. Ringraziamo anche il PD, nazionale e locale, per aver mantenuto la coerente scelta di tenersi lontano da tutto ciò che è sinistra nei fatti: quando la finirà di dichiararsi “sinistra” anche a parole non sarà mai troppo tardi. 
Si è trattato di un NO ai ricatti, per costruire invece l’Europa delle persone, e non un “no all’euro e alla comunità europea” come ha cercato di contrabbandare il populismo dei Salvini e dei Grillo. Ora bisogna ricostruire. A partire dall’Europa, dall’Italia e da Ravenna. I greci ci hanno insegnato tanto e continuano a farlo. Impariamo in fretta: il prossimo anno ci sono le elezioni amministrative nella nostra città. Chi sta demolendo i servizi pubblici per adeguarsi ai diktat di Renzi e compagnia merita il NO compatto della sinistra di nuovo unita.


OXI: RAVENNA HA SOSTENUTO IL NO AL REFERENDUM
HANNO VINTO LE PERSONE!

venerdì 3 luglio 2015

A fianco della popolazione greca per difendere la popolazione italiana

Di: L'Altra Europa con Tsipras - Ravenna
      L'Altra Emilia Romagna - Ravenna




Poco più di un anno fa nel presentarci alle elezioni per il parlamento europeo abbiamo scelto di non rifarci a passate deludenti esperienze italiane ma richiamarci all’esempio di un soggetto politico di un altro paese europeo: la Grecia. Anche il nostro messaggio ha preso a modello quello proposto dall’allora opposizione greca: mettere le persone, i loro bisogni concreti e le loro vite, davanti alle sempre più insaziabili esigenze della speculazione finanziaria. La nostra campagna elettorale ha ricevuto il sostegno di Syriza attraverso la presenza attiva di suoi rappresentanti e, tra tutti, in particolare di Alexis Tsipras, candidato alla presidenza della Commissione Europea che ci ha “prestato” perfino il suo nome. Ora è giunto il momento di ricambiare. 
Il 25 gennaio scorso Syriza ha vinto le elezioni in Grecia e con Alexis Tsipras sta mettendo in atto politiche coerenti con il mandato ricevuto: mettere fine all’austerità imposta da FMI e UE e ricostruire su basi solide un’economia sostenibile. Il dialogo intessuto con FMI e UE per 5 mesi si è però rivelato una farsa. Nessuna delle proposte greche è stata ritenuta meritevole di accoglimento in quanto in contrasto con la ricetta standard: nuova deregolamentazione del mercato del lavoro, ulteriori tagli alle pensioni, prosecuzione nell’abbattimento dei salari, aumento dell’IVA per i prodotti alimentari e abolizione delle compensazioni fiscali volte ad evitare lo spopolamento delle isole. A questo ultimatum la Grecia ha opposto una scelta di democrazia chiamando la popolazione alla scelta in un referendum la prossima domenica.  
Il debito pubblico greco è di 330 miliardi di euro. Quello italiano di 2.200 miliardi di euro. Il rating del debito greco è equivalente a “spazzatura”; quello italiano di poco sopra. Se salta la Grecia, la speculazione tornerà a scommettere sul far saltare l’Italia. Del resto, tra i paesi in “rosso” della zona euro, i cosiddetti PIGS, la I del nostro Paese è fianco a fianco alla G della Grecia. Sostenere la Grecia è aiutare l’Italia e dare un nuovo corso all’Europa. Per questo venerdì 3 luglio ci ritroveremo a Ravenna in Piazza Andrea Costa dalle 20.30 e invitiamo quanti hanno a cuore il proprio futuro e quello dei propri cari a dedicare un momento della notte rosa a contrastare il nero domani che vogliono apparecchiarci.

VENERDÌ 03 LUGLIO IN PIAZZA ANDREA COSTA DALLE ORE 20.30: PRIMA LE PERSONE!

mercoledì 1 luglio 2015

Mobilitazione a fianco della Grecia.


Rispondiamo insieme all'appello europeo che chiama tutti e tutte ad impegnarci d'urgenza a fianco del popolo greco e per cambiare l'Europa.
Facciamo insieme uno sforzo straordinario di partecipazione per riempire l'Italia.
Venerdì 03 Luglio dalle ore 20,30 alle ore 22,30 presidio di solidaietà con il popolo greco in piazza Andrea Costa a Ravenna




lunedì 29 giugno 2015

In ricordo di Margherita Hack




" Penso che il cervello sia l'anima, non credo alla vita dopo la morte e tanto meno a un paradiso in versione condominiale, dove reincontrare amici, nemici, parenti, conoscenti. " 


A due anni dalla morte, in Ricordo di Margherita Hack, ricercatrice e divulgatrice scientifica, atea e impegnata nel sociale e in politica.



"Andrebbero insegnati valori comuni a credenti e non, il perdono, non fare del male agli altri, la solidarietà. Ma, soprattutto, bisognerebbe imparare a dubitare, a diventare scettici."




Blocco stipendi, la Corte costituzionale decide. A rischio i conti dello Stato

di: Anna Morgantini
Fonte: ilfattoquotidiano.it



E’ costituzionale bloccare tutti gli stipendi della pubblica amministrazione per salvare i conti dello Stato, senza distinguere tra chi prende 16mila euro lordi l’anno – per esempio, un usciere della Farnesina – e chi, nello stesso ministero, ne porta a casa 72 mila come un consigliere d’ambasciata, o 93 mila come un ministro plenipotenziario, o 108 mila come un ambasciatore? E’ rispettoso della Costituzione rinnovare automaticamente tale blocco di anno in anno, da una legge di stabilità all’altra, continuando a tartassare i più tartassati senza cercare di redistribuire i sacrifici o trovare introiti alternativi per le casse dello Stato? Gran bella domanda. Vale, secondo l’Avvocatura dello Stato, almeno 35 miliardi di euro e la risposta, martedì 23 giugno, rischia di far saltare in aria i conti italiani. Così è partito l’allarme rosso: il costo dello sblocco degli stipendi della Pa, infatti, «non potrebbe essere inferiore a 35 miliardi» per il periodo 2010-2015, con un «effetto strutturale di circa 13 miliardi» a partire dal 2016. I sindacati minimizzano, denunciando «cifre gonfiate» e «pressioni indebite sui giudici». E la Corte Costituzionale (nella foto in alto il presidente Alessandro Criscuolo con il capo dello Stato Sergio Mattarella) si troverà a dare una risposta difficilissima a una domanda ancora più difficile: l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro (articolo 1 della Costituzione) o sul pareggio di bilancio (articolo 81)? Ed è giusto, per mettere in sicurezza i conti pubblici, sacrificare i diritti individuali garantiti dall'articolo 2 e dall'articolo 3 («Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge») della nostra Carta, imponendo pesanti sacrifici soltanto a una parte della popolazione? A rendere esplosiva la questione davanti alla Corte non sarà tanto il ricorso «Nardini+59» contro il blocco stipendiale, ma le motivazioni dell’ordinanza 125/2014 con cui il giudice del lavoro di Ravenna, Roberto Riverso, esaminando il ricorso ha individuato tutte le possibili violazioni, da parte dei governi che hanno deciso e prolungato il blocco suddetto, della nostra Costituzione. Dalla tutela del lavoro e del diritto alla retribuzione (articoli 35 e 36) a quello dell’eguaglianza (3), dall'adempimento dei doveri di solidarietà economica e sociale (articolo 2) alla libertà sindacale (articolo 39), ecco tutti i dubbi sollevati dal giudice di Ravenna nel silenzio quasi totale dei media. E che non riguardano solo i 3,23 milioni di dipendenti pubblici, ma tutti i cittadini del Paese. Il famoso blocco risale al 2010, ad opera dell’allora ministro del Tesoro, Giulio Tremonti, che «in un momento delicato della vita nazionale» e con lo scopo di «realizzare, con immediatezza, un contenimento della spesa pubblica» decide di congelare gli stipendi dei dipendenti pubblici per il triennio 2011-2013. Il governo di Enrico Letta proroga il blocco per tutto il 2014 con la legge di stabilità. Matteo Renzi fa altrettanto, fino al 31 dicembre 2015. E qui cominciano non solo i ricorsi dei dipendenti pubblici e dei sindacati, ma anche le perplessità dei giudici del lavoro. Riverso è solo il primo a sollevare l’eccezione di costituzionalità, di cui sarà relatrice alla Corte Silvana Sciarra, docente di diritto del lavoro al Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Firenze, eletta alla Consulta col via libera del Movimento 5 Stelle. Per intenderci, la stessa giurista che è stata relatrice della sentenza-bomba con cui la Corte ha dichiarato incostituzionale il blocco della perequazione sulle pensioni superiori a tre volte il minimo. Riverso, rivolgendosi alla Corte, è partito da un concetto basilare: «il legislatore, nell’imporre sacrifici anche onerosi, deve rispettare sia l’art.3 della Costituzione», ossia il principio di uguaglianza, ma anche quello di ragionevolezza, cioè la condizione che «i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari» e vadano dritti allo scopo. E qui, secondo il giudice Riverso, casca l’asino: le misure in discussione, benchè spacciate per eccezionali, sono diventate una costante. Non solo: «non sono nemmeno coerenti allo scopo prefissato, in quanto hanno inciso sui dipendenti a reddito più basso», spremendo le buste paga più povere e risparmiando le più ricche. Altro che gradualità dei sacrifici imposti (articolo 53 della Costituzione: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva») e principio di solidarietà (articolo 2)! «Proprio i dipendenti pubblici con stipendi più bassi vengono colpiti a scapito di soggetti con più elevato reddito» mette nero su bianco il giudice ravennate. E fa pure gli esempi: «i diplomatici sono esentati dal blocco mentre il semplice impiegato vede lo stipendio bloccato», al Viminale «i prefetti non hanno il blocco stipendiale e i semplici dipendenti sì», ai magistrati «è stato rimosso il blocco contributivo, mentre permane» per gli altri lavoratori del comparto Giustizia. Non basta ancora. Oggi, 23 giugno, la Corte suprema è chiamata a pronunciarsi anche sulla violazione degli articoli 35 e 36 («il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro»): «In questi anni di blocco contrattuale, i lavoratori non solo non hanno avuto aumenti di stipendio, ma hanno perso circa l’8 per cento del loro potere d’acquisto» calcola infatti l’avvocato del sindacato Confsal-Unsa, Pasquale Lattari, che ha promosso il ricorso. E a fronte di questa perdita netta, «e non più recuperabile», secondo il giudice Riverso «è aumentato il carico e il ritmo stesso del lavoro» a causa del blocco del turn-over negli uffici pubblici. I pensionati non vengono più rimpiazzati. Si lavora di più ma l’anzianità non viene più riconosciuta, l’impegno idem. La maggiore esperienza professionale del lavoratore va a «beneficio» solo del «datore di lavoro pubblico». Risultato: salta completamente «il rispetto del principio costituzionale della proporzionalità tra il lavoro svolto e la sua remunerazione». D’accordo. Dal 2012 la Costituzione ha anche un nuovo articolo, il numero 81: «Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico». Ma al pareggio di bilancio si può arrivare in tanti altri modi, suggeriscono le commissioni Bilancio di Camera e Senato: combattendo con più decisione l’evasione fiscale e la criminalità economica, per fare un esempio. «Colpire sempre i soliti (e poveri) noti è la via più comoda e più facile. Ma anche la più ingiusta» spiega l’avvocato Lattari. Vedremo se la Suprema Corte la giudicherà anche incostituzionale.


lunedì 22 giugno 2015

Gerard Lutte a Ravenna. La sua esperienza in Guatemala


Di: Pippo Tadolini




Per iniziative dell'associazione di volontariato "Amici di Rekko 7 - Onlus", che da molti anni si occupa nel nostro territorio di iniziative di solidarietà con il sud del mondo e in particolare con il Guatemala, è stato possibile, nella serata di martedi 16 giugno, avere a Ravenna un  vero "mostro sacro" della lotta per la giustizia come Gerard Lutte.
Ben noto a chiunque abbia vissuto gli anni in cui la solidarietà internazionale  era pane quotidiano di chi partecipava alla vita civile, Gerard Lutte rimane un faro per chiunque faccia della giustizia un argomento di riflessione e di giustizia, indipendentemente  dalle generazioni.
Già religioso salesiano, e allontanato dalla dimensione ecclesiastica per le sue posizioni di rottura, Gerard da sempre si occupa di psicologia e di sociologia, con particolare impegno sui temi dell'infanzia e dell'adolescenza emarginate e sfruttate.
Dopo essere stato professore universitario a Roma, già da moltissimi anni si è votato al riscatto dei ragazzi e delle ragazze di strada soprattutto in America Centrale.
Nonostante la sua età molto avanzata e la sua condizione di non vedente, Gerard vive tutt'ora in Guatemala (paese di cui ha ricostruito in maniera efficacissima la storia passata e attuale) e coopera con l'associazione Mo.jo.ca., il Movimiento de los jovenes de la calle. movimento dei giovani della strada, che opera quotidianamente per il riscatto sociale, psicologico e civile  del popolo giovanile, che le vicissitudini della vita e le condizioni drammatiche di ineguaglianza sociale hanno gettato sui marciapiedi.
Assieme a Gerard, la commovente testimonianza di Quenia, una giovane della strada che ha trovato in Mo.jo.ca. lo strumento per ritornare a vivere, e di Carmelo e Orietta, una coppia  del Lazio che assieme a Gerard porta avanti "Amistrada", l'organismo volontario che si prefigge di sostenere l'oprea di Gerard Lutte.
E' auspicabile che la società civile ravennate (e non solo), e tutte/i noi che ci consideriamo di sinistra, sappiamo riscoprire questa dimensione del nostro fare politica,  ricostruendo l' impegno di soliderietà fra i popoli e la volontà di farci carico delle sofferenze di chi vive sulla propria pelle condizioni altamente  drammatiche da tempi ben più antichi di quelli della nostra crisi

martedì 16 giugno 2015

Solidarietà a Samantha Comizzoli

Di: Pippo Tadolini



Venerdi 13 giugno, in Palestina, le forze dell'ordine istraeliane hanno tratto in  arresto una cittadina ravennate, Samantha Comizzoli, storica militante  dei movimenti per i diritti umani, le lotte sul territorio in difesa della salute sui posti  di lavoro e dell'ambiente. Uno degli impegni più importanti di Samantha era stata l'opposizione al progetto TAV in Val di Susa, particolarmente pregnante  qui a Ravenna, dal momento che la Coop CMC è tra le aziende particolarmente coinvolte nella costruzione di quell'opera. In occasione della manifestazione nazionale no TAV, che si tenne a Ravenna tre anni fa, Samantha Comizzoli, rese pubbici dei documenti che sostenevano il coinvolgimento di CMC nella costruzione del muro che da molti anni rende assai difficoltose le condizioni di vita dei palestinesi dei territori occupati.
Già militante della prima ora del movimento di Beppe Grillo, Samantha era poi entrata nel novero della lunga sequela di espulsioni che hanno caratterizzato i cinquestelle nel corso del tempo. Aveva fondato il gruppo "Ravenna Punto a Capo", con il quale si era anche candidata alla carica di sindaca nelle elezioni amministrative del 2011.
Alla Palestina, e in particolare ai suoi bambini, Samantha dedica tutte le sue energie ormai da oltre un anno.
Di recente era anche stata ferita dai proiettili di gomma sparati dalla polizia istraeliana.
E' stata arrestata in occasione di una manifestazione nei pressi di un villaggio paestinese. Ora sembra che sia in sciopero della fame.
Per notizie più approfondite consigliamo di visitare il sito nena news, organo dell'associazione Near East News Agency, la cui caporedattrice, Chiara Cruciati, è stata alcuni mesi fa a Ravenna, su invito dell' Altra Europa con Tsipras, per un'affollatissima assemblea di approfondimento sui temi legati all' Islam.


lunedì 15 giugno 2015

Incontro Giovedi' 18 Giugno al Dock 61. Sblocca Italia e Trivelle quale prospettiva per il nostro territorio ?


Di: Pippo Tadolini




Per iniziativa del circolo ARCI Dock 61 di Ravenna, in via dei Magazzini Posteriori 61, nella zona della vecchia darsena di città, la sera di GIOVEDI 18 giugno si terrà un incontro di approfondimento e di coordinamento sul tema del decreto "sblocca Italia", con particolare riferimento alla questione delle trivellazioni in Adriatico per la ricerca di fornti di idrocarburi.
Sarà presente Renato Di Nicola, storico attivista del Forum Nazionale dei Movimenti per l'Acqua Pubblica, nonchè animatore della mobilitazione contro le trivellazioni nel territorio abruzzese.
La regione Abruzzo, infatti, è quella che ha prodotto fino ad ora il massimo di impegno nel contrasto alle trivellazioni, impegno culminato poche settimane fa in un'imponente manifestazione di massa, che ha raccolto a Pescara sessantamila  partecipanti, in gran parte abruzzesi, ma anche provenienti da altre parti d'Italia, con l'adesione di numerosi movimenti di lotta sulle tematiche di difesa del territorio.
All'appuntamento di giovedi sera sarà presente anche il parlamentare  ravennate Giovanni Paglia, di SEL, che in quasto momento è particolarmente impegnato sui temi relativi allo "sblocca Italia", che  - se attuato - avrebbe pesante impatto anche sul territorio di Ravenna e sul suo litorale.
L'incontro sarà moderato da Pippo Tadolini, dell'Altra Emilia Emilia Romagna - Ravenna.

Si vorrebbe cercare di   mettere in piedi anche nel ravennate una mobilitazione di lungo respiro contro le trivellazioni e per la difesa del territorio, e progressivamente generalizzare la lotta contro il decreto "sblocca Italia" e i rischi per l'ambiente che esso comporta.     

mercoledì 3 giugno 2015

Il PD trema anche a Ravenna. Ora il ballottaggio sembra vicino.

Fonte: Il resto del carlino di Ravenna del 02 Giugno 2015

Di: Francesco Monti











E ora che succede?  Con Faenza al ballottaggio per la prima volta e un Pd che arretra,  con la Lega in ottima salute e Forza Italia molto meno,  con il Movimento 5 stelle sempre piu radicato, la corsa alle comunali del 2016 a Ravenna sembra sempre meno scontata.  Il segretario dei Democratici Michele De Pascale ostenta tranquillità sia per Faenza, sia per il capoluogo «Sono certo che i faentini confermeranno Malpezzi come sindaco- assicura -. Chiaramente,  quando ci sono ben nove candidati, la possibilità di andare al ballottaggio c'è. Certo, nella nostra provincia sono le prime volte che questo accade (era già successo a Lugo l'anno scorso,  ndr),  ma personalmente non drammatizzo la mancante vittoria al primo turno, che è un fatto molto comune in territori vicini al Nostro ».
Ma un elemento di preoccupazione c'è: «A Faenza la Sinistra andata da sola, il che non ci ha favorito».
Potrebbe succedere anche a Ravenna,tra un anno? Le probabilita ci sono: l'area della Federazione della sinistra è ormai lontana dal Pd, e anche una fetta non indifferente di Sel preferirebbe la corsa solitaria. Un'eventuale lista alternativa della Sinistra radicale potrebbe togliere al partitone i voti necessari per vincere al primo turno [...]

venerdì 29 maggio 2015

E se i servizi educativi fossero un bene comune?



Pubblichiamo un articolo apparso su Ravenna Dintorni, il cartaceo, come spunto di riflessione e come contributo al dibattito


Di: Federica Angelini


La vicenda dei servizi di pre-post scuola finiti in mano a una cooperativa di fuori regione di cui parliamo a pagina 13 merita una riflessione.
Non a caso è partita una petizione da parte dei genitori e tra gli operatori c’è grande amarezza.
E la prima, banale, è: come è possibile che dopo vent'anni una cooperativa radicata sul territorio, che fa questo lavoro appunto da sempre, venga scalzata da perfetti sconosciuti?
I temi paiono essere due:l'offerta economica e l'offerta formativa. Ora, in cosa risparmiano se l'offerta formativa è addirittura migliore? Il sospetto è che l’unica voce su cui possano limare sia il costo del lavoro, probabilmente, dicono gli addetti, partendo con contratti ex novo che non riconosceranno anzianità e scatti. Peraltro, è noto, i contratti di lavoro previsti per chi lavora in cooperative sociali sono comunque lungi dal faraonico. Del resto, non fossero ormai argomenti da marxisti di estrema sinistra, viene anche da chiedersi: se per vent'anni tu Comune devi affidare un servizio alla medesima cooperativa tramite appalto, non si potrebbe contemplare l’ipotesi di internalizzare il servizio? Perché di pre-post scuola ce n'è e ce ne sarà bisogno da qui a sempre. Sarebbe un modo forse drastico ma di certo efficace per garantire continuità del servizio agli utenti, anche certezze ai lavoratori.
Ma naturalmente di questi tempi c’è da sembrare pazzi, visto le ristrettezze di bilancio, anche se per il servizio per la verità è chiesto il contributo delle famiglie sulla base dell’Isee. Allora forse potrebbe essere almeno un’idea pensare a forme di accreditamento sul modello delle case protette in parte divenute appunto totalmente pubbliche, in parte totalmente private? Perché in ogni caso va dato atto alle cooperative che hanno gestito questo servizio per anni di esserselo inventato, di aver colto una necessità delle famiglie, di aver avuto l’idea di estenderlo alle materne a partire dal prossimo anno.
La loro amarezza è comprensibile. Il punto è che forse, forse, ha ragione chi dice che i servizi educativi dovrebbero avere un percorso diverso da quello di altri servizi, come per esempio l’illuminazione pubblica (per cui comunque almeno il bando è ventennale, qui si parla di appena quattro anni). Forse, forse, i servizi educativi potrebbero essere considerati uno di quei beni comuni un po’ come l’acqua, che per essere erogati devono generare lavoro pagato il giusto, ma non profitto.
Perché in questa storia resta una certezza, che a guadagnarci sarà un’azienda piovuta da fuori regione che dovrà comunque cercare qui il proprio personale. E resta anche un dubbio: possibile che il pre-post scuola possa essere un business tanto interessante?


lunedì 18 maggio 2015

Ravenna si merita ben altro !! report sull'incontro del 9 maggio






Sabato 9 Maggio, presso la sala Buzzi, in via Berlinguer 11, il comitato ravennate de L’Altra Emilia Romagna/L’Altra Europa con Tsipras ha promosso e organizzato un incontro seminariale dal titolo “RAVENNA SI MERITA BEN ALTRO – idee per un’alternativa per le elezioni comunali 2016”. Per dare il via al progetto di sfidare il governo PD della città con una lista alternativa nei contenuti e nei metodi dell’azione politica erano state invitate a partecipare tutte le persone disposte a mettersi in gioco. E la partecipazione è stata generosa, sia da parte di rappresentanze delle associazioni socioculturali che delle associazioni più strettamente politiche che direttamente delle cittadine e dei cittadini che non hanno rinunciato all’impegno in prima persona nonostante il bel sole primaverile. Ha introdotto i lavori la giovane portavoce provinciale Angela Dall’Olio con una presentazione incentrata sui problemi irrisolti della città, al cui aggravamento l’attuale amministrazione comunale sta contribuendo efficacemente: dalla privatizzazione dei servizi al deterioramento del sistema sanitario, dall’arretramento continuo nel settore delle scuole pubbliche alla mancata attivazione di politiche in grado di arrestare l’aumento esponenziale della disoccupazione, tra i tanti.
Quindi è stata la volta degli interventi dei tre relatori, portatori “sani” di esperienze locali di liste di cittadinanza: Mauro Marinari (Sindaco di Rivalta di Torino), Sandro Medici (già presidente del X municipio di Roma) e Ciccio Auletta (consigliere comunale di opposizione a Pisa). Dense di contenuti e di stimoli le relazioni esposte, tanto da far scaturire, per tutta la mattina un interessante dibattito condotto da Dora Casalino. Ne sono stati diretti protagonisti o, comunque, hanno dato risalto all’iniziativa con la loro presenza, associazioni tematiche come i Gras, Attac Italia, Comitato per l’Acqua, Arci Gay, Arci Dock61 (tra quelle presenti), oltre ad associazioni politiche vere e proprie, come quella LI.BE.RA. recentemente costituita per iniziativa di Andrea Maestri, e più classici “partiti della sinistra” (da SEL al PSI, da Rifondazione al PCdI ai Radicali, oltre ad esponenti fuoriusciti dall’esperienza dei Verdi). Particolarmente ricchi di stimoli gli interventi di chi ha portato il proprio contributo personale, non quale deputato, segretario o ex consigliere, ma come cittadino che si sente in diritto/dovere di esprimersi sulle criticità e sulle possibili soluzioni che un programma elettorale dovrebbe contemplare. Da parte di tutti gli intervenuti è emersa forte e chiara la richiesta di una prosecuzione del processo.
Nel pomeriggio il seminario è continuato producendo ipotesi concrete di interventi sul territorio: dall’innovativo progetto di ripensamento di luoghi e forme della stazione ferroviaria presentato dall’architetto ravennate Ettore Rinaldini, ad un’approfondita disamina dell’opzione di drastica riduzione nella produzione dei rifiuti non gestibili da parte del dott. Natale Belosi dell’Eco istituto di Faenza.
Sono stati quindi costituiti 3 gruppi di lavoro, sui seguenti argomenti: scuola, partecipazione e gestione dei rifiuti, che rappresentano la base su cui continuare ed ampliare il nostro percorso partecipativo.
Ha concluso i lavori Nicola Fabrizio, portavoce provinciale dell'altra Emilia Romagna,  ripercorrendo le tappe salienti della giornata e dicendo che "con il convegno è stata posta la prima pietra di  questo lungo percorso e, grazie a tutti gli intervenuti ed alle persone che con il tempo riusciremo a coinvolgere, potremmo costruire un progetto avvincente, partecipato che potrà darci molte soddisfazioni."
"Sicuramente non sarà un percorso facile" dice Fabrizio, "ma con la voglia derivata dalla nostra presa di coscienza che si può e si deve governare meglio per il bene della città e dei cittadini e con la ferrea volontà di cambiare per abbattere le logiche di potere, di clientelismo e molto altro che oggi governano la città, grazie soprattutto al partito di maggioranza relativa ( PD ), possiamo superare tutte le incomprensioni che potranno nascere e costruire nella maniera più larga e aperta possibile un'alternativa credibile, con l'obiettivo di presentarsi alle elezioni per vincerle ed amministrare al meglio la città. "
Ci rivediamo per proseguire questo percorso appena iniziato

venerdì 8 maggio 2015

Sabato 9 Maggio incontro pubblico,elaborare un percorso per la città



Sabato 9 Maggio, presso la sala Buzzi, in via Berlinguer 11, l'altra Emilia Romagna di Ravenna organizza un convegno-incontro per iniziare il percorso che avrà' come punto di arrivo le elezioni comunali della primavera prossima.
Dalle ore 9.30, dopo l'apertura a cura della portavoce provinciale Angela Dall'Olio, sarà il turno di tre interventi di ospiti provenienti da diverse realtà della sinistra italiana, che si confronteranno sulle proprie esperienze locali.
Mauro Marinari ( Sindaco di Rivalta di Torino), Sandro Medici ( già presidente del X municipio di Roma) e Ciccio Auletta ( consigliere comunale di Pisa ) introdurranno il dibattito che nella mattinata vedrà confrontarsi personalità della società civile, del mondo dell'associazionismo, e  la presenza di interventi di esponenti politici locali.
Durante la mattinata, l’architteto ravennate Ettore Rinaldini, presenterà il suo progetto di ristrutturazione e nuova collocazione della stazione ferroviaria.
Nell’atrio antecendente la sala Buzzi,per tutta la giornata, verranno esposte le tavole del progetto.
Parte importante per l'Altra Emilia Romagna e' la partecipazione della cittadinanza, proprio per questo il susseguirsi del dibattito sarà intervallato da richieste di intervento da parte dei cittadini presenti.
Il pomeriggio, dalle ore 14.30, si aprirà con un' approfondimento sul tema dei rifiuti a cura di Natale Bellosi.
La giornata entrerà nel vivo quando i presenti si divideranno in gruppi di lavoro per elaborare un percorso politico, proprio com'è' nato il progetto de L'altra Emilia Romagna, crediamo che anche a Ravenna debba nascere un percorso quanto mai partecipato possibile.
Infine in conclusione, l'intervento di Nicola Fabrizio, portavoce provinciale de l'altra Emilia Romagna Ravenna e membro del comitato operativo nazionale de L'altra Europa con Tsipras.



Ravenna si merita ben altro, idee e progetti in comune

martedì 5 maggio 2015

Primo maggio...la piazza era imponente, non violenta

Di: Cristina Quintavalla




La piazza del I maggio a Milano è stata imponente, partecipata, non violenta. 
E' stata una piazza grandissima e straordinariamente generosa: ha manifestato dentro la crisi di una società che ha prosciugato speranze e sogni, incalzata dal “nulla che avanza”, senza residue illusioni nella classe dirigente di questo paese, nè di quella città, con la pervicace ostinazione di chi sa che qui, in queste condizioni economiche e sociali, non c'è futuro alcuno. 
C'è chi non lo vuole capire, o finge di non capirlo, ma la protagonista assoluta della manifestazione è stata la crisi, questa crisi bastarda che colpisce tutti, dai giovani ai migranti, dagli esodati ai pensionati che non riescono a sopravvivere, dagli studenti che non sanno dove andare ai precari disperati o disillusi.
Come non vedere dentro quel corteo la messa a nudo di questo sistema, della sua forza distruttiva, dell'assalto del grande capitale alla vita di tutti e del prezzo altissimo che viene fatto pagare a chi ne è incolpevole, la cui colpa semmai è  solo quella di essere nato nel posto sbagliato, dalla parte sbagliata, magari“su uno scoglio, anziché dentro un castello”, come scriveva Verga? 
Come non vedere che in quel corteo c'erano i nostri figli, che urlavano la loro rabbia e la loro disperazione? 
Come non vedere che dentro quel corteo, c'erano tanti migranti, intere famiglie al completo, che riuscivano a cogliere il legame che intercorre tra la negazione del loro diritto all'abitare, al lavoro, e la grande kermesse delle multinazionali che negano il cibo a tanta parte del mondo da cui loro stessi provengono?
Come non vedere che in quel corteo c'erano i nostri compagni, quelli che in tutti questi anni di sconfitte, hanno continuato a leggere con grande lucidità i processi che erano in corso?
Soprattutto come non vedere la saldatura, questa sì molto importante, che è stata fatta tra il diritto all'abitare, al lavoro, al futuro, ad un ambiente sano, all'alimentazione per tutti, all'istruzione pubblica, gratuita, a pensioni che garantiscano autonomia e autosufficienza?
Probabilmente, molti avrebbero preferito continuare a vedere i giovani persi dentro i loro telefonini, le loro pagine fb, ed i social che istigano violenza, sesso da esibizione. I giovani piacciono così, narcotizzati, alienati, offuscati  dietro ai problemi legati all'abbigliamento griffato, alla lotta al pelo superfluo, alla cellulite, smarriti dentro notti ad alto tasso alcolico, in cui perdersi e perdere la loro facoltà ad una libera scelta, per consegnarsi ai progetti da vincenti, meritevoli, cinici e sadici che abbiano confezionato per loro.
Ci sono invece tanti giovani che tutto questo l'hanno rifiutato: erano lì a Milano in migliaia il I maggio, a gridare la loro determinazione a battersi per un mondo diverso. 
Lo slogan che ha attraversato l'intero corteo era proprio questo: “un altro mondo è possibile”. 
Non è un certo un dato di realtà, bensì un orizzonte di senso. 
E' la prospettiva attorno alla quale però a Milano è andata in scena una nuova alleanza che ha visto uniti precari, studenti, migranti, lavoratori,  sindacati di base, compagni della CGIL, pacifisti. Tanti pezzi di una sinistra ancora viva, ancora fremente, ancora non rassegnata.   Un fronte antiliberista vasto, largo, ma reale. Non sottovalutiamolo.
A Milano la piazza non ha perso, a Milano la piazza ha vinto, checchè si voglia o si speri di rappresentare: non dovrà leccare le sue ferite, dovrà invece continuare la sua lotta.
Expo è il simbolo più odioso di una vetrina che ha rovesciato e invertito la logica delle cose, che vuole attribuire ai responsabili dell'affamamento del pianeta, alle multinazionali che devastano l'ambiente e si appropriano di risorse non loro, tra cui il monopolio dei semi, che impongono forme di dominazione di stampo imperialistico,  una patente di difesa del diritto alla vita: inaccettabile rappresentazione falsata della realtà, che la dice lunga sulla forza pervasiva e totalizzante delle grandi multinazionali del cibo che dominano il pianeta. Tutto è stato falsato: il consumo di suolo, mascherato come ripresa di competitività, le pubblicità, mascherate attraverso i protocolli e le carte di Milano, il lavoro precario, come avvio all'occupazione giovanile.Giustamente i nostri eurodeputati, Spinelli, Forenza, Maltese hanno votato contro questa “fiera gastronomica, ostaggio delle multinazionali”
Expo è la quintessenza del renzismo-marchionismo dominante: è la concentrazione di un'operazione di gigantesco trasferimento della ricchezza, in cui il Jobs act va a braccetto con lo Sblocca Italia.
Grande merito dunque a tutti coloro che hanno manifestato pacificamente il I maggio  a Milano.
Nulla può essere tolto al valore di tale lotta da una ristretta minoranza che  ha esercitato in forma violenta e irresponsabile la propria rabbia, sfasciando auto e vetrine di persone che peraltro non avevano responsabilità alcuna, alimentando odio e reazioni di grande intolleranza da parte della popolazione inferocita da tale e tanto qualunquistico, provocatorio assalto alla città. 
Distruggere per distruggere è la risposta nihilista alla crisi.
Battersi perchè un altro mondo sia possibile è investire sul futuro, scommettere sulla capacità di trasformazione delle cose da parte di chi è stato finora sconfitto.
A volte la storia passa lungo snodi che non ci riesce di riconoscere di primo acchito: a Milano essa ha fatto tappa, tra le famiglie di migranti, tra i giovani dei centri sociali, tra i giovani precari, tra i lavoratori senza Statuto dei lavoratori, né articolo 18, tra coloro che si battono per i beni comuni, la scuola in primo luogo, oggi sotto attacco da un ddl che, tanto per non cambiare, privatizzerà l'istruzione e riporterà la divisione e la discriminazione sociale al centro del sistema educativo di questo paese.

Cristina Quintavalla
 Altra Emilia-Romagna

venerdì 1 maggio 2015

Buon primo maggio a tutti


"No, il Primo Maggio non è una festa triviale. E' il convegno dei lavoratori di tutto il mondo debitori di una stessa promessa: umanizzazione della belva da preda che sonnecchia nel cuore di ognuno,e il cuore, vermiglio, lanciare verso il sole purificatore" Antonio Gramsci, 27 aprile 1918. 

Buon Primo Maggio!

martedì 28 aprile 2015

L'altra Faenza: mobilitarsi per i beni comuni e la gestione pubblica dei servizi

Autore: L'altra Faenza
Fonte: qualcosadisinistra.info




Lo sciopero dei lavoratori di Hera annunciato dalla Cgil per martedì 28 aprile contro la vendita delle azioni dei Comuni, la modifica del patto di sindacato e dello statuto della multiutility, è stato sospeso, ma la mobilitazione per questi obiettivi continua.


Infatti, se la proprietà pubblica scendesse dall'attuale 57% al 38%, non solo si allenterebbe ulteriormente il controllo pubblico - che in realtà non veniva esercitato neanche con il possesso maggioritario delle azioni - ma si arriverebbe alla definitiva privatizzazione.

Questa prospettiva renderebbe impraticabile il ritorno alla gestione pubblica del servizio idrico, sostenuto in modo inequivocabile dall'esito del referendum del giugno 2011, e affiderebbe solo alle logiche della Borsa e del mercato gli altri servizi pubblici locali - come il ciclo dei rifiuti e l'energia - che noi consideriamo “beni comuni” e che in quanto tali devono essere gestiti dal pubblico.

Per questo, “L'Altra Faenza” sostiene le mobilitazioni dei “Comitati acqua bene comune” dell'Emilia-Romagna e chiede che il Consiglio comunale di Faenza, ormai a fine mandato, non approvi le delibere sulla modifica del patto di sindacato degli azionisti di Hera e sulla disponibilità alla vendita delle azioni.

L'accordo-ponte sindacale, siglato nei giorni scorsi da Cgil-Cisl-Uil e i soci pubblici di Hera, ha riconfermato l'impegno del vecchio protocollo d'intesa di non scendere sotto il 51% della proprietà - impegno che il sindaco di Imola Manca, in qualità di rappresentante dei Comuni, voleva disattendere - ma questo protocollo resta in vigore fino al 30 giugno e prima di quella data andrà rinegoziato.

Le decisioni finali quindi si prenderanno nei prossimi mesi (l'assemblea straordinaria dei soci di Hera del 28 aprile ha comunque all'ordine del giorno la modifica dei patti tra gli azionisti), ma è chiaro che esse dipenderanno dalla mobilitazione che sapremo mettere in campo come movimenti per la difesa del pubblico e dei beni comuni, insieme ai lavoratori e alle loro rappresentanze sindacali e a quegli amministratori locali che continuano a voler difendere il ruolo del pubblico.

Tra questi non ci sono i Sindaci della Romagna, che hanno addirittura rimproverato al Sindaco di Bologna Merola la scelta di non voler vendere le proprie azioni di Hera. Non abbiamo sentito alcuna dichiarazione da parte del Sindaco di Faenza Malpezzi, ma sappiamo che quando i “poteri forti” chiamano, difficilmente si sottrae.

Invece c'è un'alternativa per gestire i servizi pubblici locali e per garantire la salvaguardia del diritto all'acqua e all'ambiente. Alcuni percorsi di “ripubblicizzazione” del servizio idrico e dei vari servizi pubblici locali sono in atto anche nella nostra regione: sta accadendo a Reggio Emilia e nei 44 Comuni limitrofi con una società pubblica per la gestione dell'acqua; sta accadendo nei Comuni del forlivese attraverso una società territoriale interamente pubblica per la gestione della raccolta dei rifiuti.

Di questo “L'Altra Faenza” vuole discutere in campagna elettorale, confrontando i programmi e chiedendo al Pd e al Sindaco Malpezzi con quali argomenti e quale coerenza ieri hanno sostenuto il referendum per l'acqua pubblica e oggi vogliono vendere le azioni di Hera.

domenica 26 aprile 2015

I profughi sono già cittadini europei

Autore: Guido Viale 
Fonte: Ilmanifesto.info




L’Europa va ricostruita dalle fondamenta, a partire dalla ridefinizione dei suoi confini. L’Europa che c’è ora si sta sfaldando perché è incapace di fronteggiare le tre principali sfide che i suoi popoli devono affrontare: la sfida ambientale (di cui i cambiamenti climatici sono il risvolto più pericoloso); quella economica, che vuol dire reddito, lavoro, casa per tutti e meno diseguaglianze; e quella dei profughi. Profughi, non migranti;gente che preme ai confini dell’Europa non alla ricerca di una “vita migliore”, come negli scorsi decenni, ma per sfuggire a guerre, stragi, morte per fame e schiavitù. Tre crisi interconnesseche richiedono uno sguardo alto sugli orizzonti, senza il qualevien meno ogni ragione di sovrapporre un’entità regionale come l’Europa a quelle di Stati nazionali ormai palesemente inadeguati. Eppure, nel dibattito politico il tema della crisi ambientale è ormai affondato, sommerso dalle preoccupazioni finanziarie; l’economia, che dovrebbe essere scienza del ben amministrare la casa comune, si è ridotta a una misera partita doppia del dare e del prendere, dove prendere, per chi ha il bastone del comando, ha preso di gran lunga il sopravvento sul dare. La questione dei profughi, finora considerata marginale (quasi un incidente di percorso) è la più grave e urgente, perché riassume in sé tutte le altre; ma ridisegnerà i confini dell’Europa e le sue fondamenta.
Una classe dominante tirchia e vorace, prigioniera della dottrina senza fondamenti e fallimentare della privatizzazione universale di tutte le cose (il “pensiero unico”), cerca di eludere i problemiposti dalla crisi ambientale globale, dall’”emergenza profughi”, dalle violazioni quotidiane della dignità umana subite da chi è senza reddito, senza lavoro, senza casa, senza cure, senza famiglia o affetti, senza futuro, con argomenti quali “non ci sono i soldi”, “non c’è più posto”, “non ci riguardano”. Sembra quasi che il crollo di Stati e il caos di intere regioni, il protrarsi endemico di conflitti insostenibili, o le stesse guerre guerreggiateai suoi bordi - a cui a volte l’Europa prende parte, a volte assiste ignava - non la riguardino. Mentre la stanno trascinando nell’abisso. Un abisso dove si intravvedono già le prime avvisaglie - ma se ne ascoltano ormai ad alta voce gli incitamenti- di una politica di sterminio. Che differenza c’è, infatti, se non in peggio, come ha fatto notare Erri De Luca, tra le navi negriere di secoli trascorsi e le carrette del mare che trascinano a fondo i profughi costretti a salirvi? O, come ha fatto notare Gad Lerner, tra i treni piombati che portavano gli ebrei ad Auschwitz, per trasferirli subito nelle camere a gas, e le stive dei barconi dentro cui i profughi, chiusi a chiave, sprofondano in fondo al mare senza nemmeno vedere la luce del sole? I numeri, direte voi. No! Quelli ci sono. Sono sei milioni – tanti quanti gli ebrei soppressi nei campi di sterminio nazisti – i profughi che affollano i campi dei paesi ai bordi del Mediterraneo, o che si apprestano aintraprendere un viaggio della morte verso le coste europee. E se per loro non sapremo mettere a punto soluzioni diverse - perché mancano i soldi, o perché non c’è posto, o perché sconvolgerebbero il non più tanto “quieto” vivere dei cittadini europei - la sorte che gli prepariamo è quella: uno sterminio, affidato agli incidenti di percorso invece che ai trasporti ferroviari gestiti da Eichmann.
Bisogna esserne consapevoli. Che cosa significano infatti le “soluzioni” prospettate dai nostri governanti: sia italiani cheeuropei? Distruggere le carrette del mare? Ne troveranno altre, ancora più costose e insicure. Allestire campi di raccolta ai confini dei paesi di imbarco? Ma per farne che cosa? Per trasportare in sicurezza i rifugiati, di lì verso la loro meta? O per affidare a dittature di ogni genere centinaia di migliaia di derelitti senza più diritti, né patria, né nome, che prima o poi tenteranno la fuga o verranno sterminati? Fare la guerra ai paesi da cui si imbarcano? Ma non sono state proprio quelle guerre a creare un numero così alto di uomini, donne e bambini senza più un posto dove vivere? Combattere e arrestare gli scafisti (la soluzione più ipocrita di tutte)? Ma sono loro la causa di quei milioni di esseri umani che vogliono raggiungere le coste europee, o è la mancanza di alternative sicure, messe al bando dall’Europa, a produrre e riprodurre gli scafisti?
La verità è che quei profughi sono già cittadini europei. Cittadini di ultima classe, perché non viene riconosciuto loro alcun diritto;ma tuttavia abitanti che fanno parte del contesto dove si decide il destino dell’Europa. Proprio per questo i paesi da cui fuggono sono già parte integrante del suolo europeo. Ma, a differenza dei migranti degli scorsi decenni quei profughi non tentano la traversata del Mediterraneo, o lo scavalcamento dei confini orientali, per trasferirsi in Europa per sempre; in gran parte sono pronti a tornare nei loro paesi non appena la situazione lo permettesse. Quella situazione è la pacificazione e la rinascita di quei territori: cose che non si ottengono con la guerra – come abbondantemente dimostrato, anche là dove il ricorso alle armi è stato indispensabile per salvare delle vite umane – né con una diplomazia che finge di trattare con quelle stesse fazioni che ha armato; o che continuano ad essere armate da giochi e triangolazioni su cui ha sempre meno controllo. 
Quella pacificazione, in Asia, Africa, Medio Oriente, ha bisogno di una base sociale solida. E quella base sociale, in potenza, c’è.Il nucleo portante potrebbero essere proprio quei profughi che hanno raggiunto o che cercano di raggiungere il suolo europeo; i legami che li uniscono sia a parenti e comunità già insediate in Europa, sia a coloro che sono rimasti, o non sono riusciti a fuggire dai loro paesi. Ma a quella moltitudine dispersa e disparata (i “flussi”) occorre riconoscere la dignità di persone. Aiutandole innanzitutto a raggiungere in sicurezza la meta; ma anche, una volta qui, permettendole di sistemarsi, seppure in modo provvisorio, in condizioni dignitose: in case che non sianoinsalubri ricoveri illegali; possibilmente diffuse sul territorio sia per non gravare su singoli abitati votati al degrado, sia per facilitare rapporti di buon vicinato con i locali. Con un lavoro, anche parziale, a partire dalla gestione e dalla sistemazione fisica degli ambienti in cui devono trascorrere una parte della loro vita: tra loro ci sono muratori, fabbri, falegnami, elettricisti,agricoltori; ma anche maestri, contabili, informatici, ingegneri, medici, infermieri; perché mai attività che, adeguatamente sostenute, possono fare loro, vengono invece affidate a cooperative che li sfruttano e costano il triplo? Ma, soprattutto, occorre facilitar loro la possibilità di incontrarsi, di mettersi in rete, di eleggere i loro rappresentanti, di farsi comunità sociale e politica, di mettere a punto strategie per il loro ritorno.
Ma come si può anche solo proporre obiettivi del genere in  paesi dove la disoccupazione è alle stelle e casa, reddito e lavoromancano anche a tanti europei? Non si può. A meno di perseguire per tutti, cittadini europei e stranieri, degli standard minimi di reddito, di abitazione, di lavoro (promosso o creato direttamente o indirettamente dai poteri pubblici), di istruzione,di assistenza sanitaria. L’essenza stessa di un programma radicalmente alternativo a quello perseguito dall’attualegovernance europea con le politiche di austerità. Ma l’unico capace di affrontare l’ondata del razzismo e della xenofobia alimentata dagli imprenditori politici della paura di destra e sinistra. E l’unico per fornire una road map alla rifondazione radicale dell’Europa; a partire dal riconoscimento dei suoi confini di fatto e di quei diritti senza i quali la pretesa di tener uniti i suoi popoli non ha alcun fondamento.
Utopia? Certo. Ma qual è l’alternativa? Il castello dell’euro, e quello dell’Unione, e la falsa immagine di un continente oasi di pace dopo la seconda guerra mondiale non resisteranno a lungo se non si lavora fin d’ora per invertire rotta. E la nuova rotta è questa: insieme ai nostri fratelli e sorelle che fuggendo dalleguerre e che portano, con la loro stessa vicenda esistenziale, un messaggio di pace.